I CONFINI DOPO IL CORONAVIRUS.
- Febbraro Chiaramaria

- 6 lug 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 8 lug 2020
Come osservabile e sotto gli occhi di tutti, la situazione attuale ha radicalmente modificato la nostra vita quotidiana, ma anche il corso della storia
Riguardo questa condizione di totale immobilità, se ne sono dette tante; chi si attiene fedelmente alle risposte scientifiche, chi la interpreta come una punizione divina, chi ha riscoperto le piccole cose che nella frenetico avanzare delle giornate aveva ormai tralasciato e chi si sente intrappolato.
Posso dire, però, che questo abbia in qualche modo portato nella società ciò che tutti stiamo facendo da tempo: l’isolamento.
Pensandoci, la nostra situazione non è realmente mutata da quella che avevamo anche solo qualche mese fa, solo che ora ne siamo consapevoli; non ci guardiamo più in faccia da troppo, non ci abbracciamo, non ci avviciniamo, non cerchiamo più quel contatto umano che avevamo una volta, perciò credo che in parte questa situazione un po’ ce la meritiamo.
Molti dicono che questo ci servirà ad apprezzare maggiormente tutto una volta che staremo bene, ma io non credo.
Credo piuttosto che dimenticheremo tutto come abbiamo sempre fatto, ma non sotto un ottica pessimistica, bensì realista.
Ma credo anche che ciò possa servire a farci notare meglio la nostra fragilità, la nostra assoluta inconsistenza e precarietà, la nostra più assoluta vulnerabilità e la nostra stupidità.
La razza umana è capace di opere dall’inimmaginabile bellezza, ma è anche provvista di una stoltezza fuori da ogni immaginario.
Abbiamo creato un confine immaginario tra nord e sud, un confine che si è trasformato in un erto muro dalla quale potevano oltrepassare solo negatività e ignoranza. Questo muro sembrava invalicabile, eppure ora non è che una piccola recinzione.
Questo è stato reso possibile grazie alla fratellanza del dolore; dinanzi ad esso siamo fatti tutti della stessa pasta.
Siamo qui, impauriti e distaccati, pronti ad accettare aiuti da chi fino a poco tempo prima disprezzavamo, nella nostra solita e grande incoerenza, nella paura della quarantena per il terrore di ritrovarci soli con noi stessi.
Siamo stati subito pronti ad additare lo straniero come untore, ed una volta ritrovatici nella medesima situazione, ad innalzarlo a titolo di salvatore. Abbiamo ritrovato l’unità e l’identità nazionale che ci contraddistingue come uomini. Abbiamo messo da parte l’ “io” per il “noi”.
Per tutto ciò, credo che i confini abbiano ricoperto un ruolo fondamentale: aumentando la distanza fisica tra di noi, abbiamo accorciato quella umana, nel grande abbraccio di solidarietà che l’uomo è in grado di dare.
Seppure la nostra umanità sia stata altamente violata, nascosta e pubblicamente umiliata, ci dimostriamo ancora una volta grandi custodi di essa, a dimostrazione che nella sua famigerata storia, l’uomo, sia comunque magnifico e capace di amare.
Chiaramaria Febbraro, 06/07/2020




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